Archivio Zeta – PILADE/PASOLINI

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In occasione del 40° anniversario della morte di Pier Paolo Pasolini

Archivio Zeta
PILADE/PASOLINI

itinerario speciale per VolterraTeatro

direzione artistica e regia di Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni

partitura sonora Patrizio Barontini

Archivio Zeta ha costruito una articolazione speciale del progetto teatrale collettivo a tappe, Pilade/Pasolini, sviluppato lungo un anno tra Bologna e Volterra. Nel corso della settimana il Pilade attraverserà i luoghi “sospesi” e più “vicini all’infinito”, di tutti i comuni del festival, inventando di volta in volta scenografie di senso, per immettervi le parole di Pasolini. Da questa relazione tra luogo e pensiero, da questa sospensione e da questo sforzo richiesto al pubblico potrà così nascere un interessante e prolungato rito culturale: lo spettatore potrà mettere insieme le tessere del mosaico e scoprire nuovi punti di vista e nuove inquadrature, libero di seguire gli attori negli spazi/set e nel tempo/montaggio e di costruirsi una propria personale complessità. Tappa centrale del progetto, è il debutto sabato 25 luglio di Pilade/Campo dei Rivoluzionari. Sul soffice pavimento lunare di una salina, tra imponenti cascate di sale, all’interno di una architettura industriale unica, sotto le volte di una cattedrale bianca, apocalittica, degna dei più spettacolari hangar europei, oltre settanta cittadini-attori si mettono in scena per muovere insieme un passo di sospensione e rivoluzione, e raccontare – con le parole di Pasolini – le derive del capitalismo industriale. Ai circa quaranta partecipanti al laboratorio annuale che Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni hanno tenuto a Volterra, si uniscono infatti, eccezionalmente, i partecipanti di un laboratorio speculare che la compagnia ha condotto con i cittadini di Bologna. Proprio a Saline, proprio dove in questi mesi quella deriva del capitalismo ha mostrato il suo volto con feroce evidenza attraverso la questione della minacciata chiusura della fabbrica Smith Bits. E così il festival, pensando l’atto poetico dove è necessario che venga pensato – lì dove c’è una ferita -, da un lato illumina una fragilità con un gesto di sospensione e silenzio, accendendo focolai originali di pensiero e riflessione, e dall’altro riconquista all’arte la pregnanza di un significato e di un valore.

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In questi anni al Cimitero militare germanico del Passo della Futa, luogo massimo della sospensione sia dal punto di vista orografico che storico, soglia sull’abisso, abbiamo messo in scena gli archetipi fondanti del pensiero tragico, il primo segno della necessità del teatro nella civiltà occidentale. Abbiamo provato a riconoscere queste costellazioni poetiche, a leggerne le evoluzioni nel pensiero, a concentrarci su parole ferite composte 2.500 anni fa. E lentamente, senza disinvoltura, la complessità della poesia e del mito, nel corpo a corpo con il verso, nel faccia a faccia con il logos originario, in un contemporaneo lavoro di ricerca sulla parola, si è fatta comprensibile a tutti, senza spiegazioni ulteriori. Abbiamo messo in scena l’intera Orestea, nella quale Eschilo, attraverso il mito, disegna la possibilità che l’uomo riesca a darsi delle leggi, fondando un tribunale e allontanando da sé il potere della violenza, della vendetta e del sangue.

Dopo questi quindici anni di ricerca e dopo aver saldamente ancorato il nostro metodo di lavoro alla riflessione di Pier Paolo Pasolini sul Teatro di Parola, arriviamo finalmente a tendere quel vincolo, cogliendo l’occasione del 40° anniversario della sua uccisione, che ci porterà nell’arco di tutto il 2015 a  lavorare su trama e ordito di quel magnifico tessuto tragico che è Pilade.

Pier Paolo Pasolini pensò di ripartire proprio dalla conclusione dell’Orestea per scrivere un nuovo capitolo contemporaneo della tragedia, per fare un parallelo con l’Italia dell’immediato dopoguerra e del boom economico e così decise di mettere in luce un personaggio che nella trilogia di Eschilo ha solo una battuta e rimane sullo sfondo; il personaggio di Pilade diventò il nucleo problematico e contrastante della sua ipotesi drammaturgica, il diverso che serviva a mettere in crisi sicurezze, automatismi, tutto il sistema di valori di un cosiddetto paese democratico occidentale.

scheda_pilade_rivoluzionariDopo aver già tradotto nel 1960 l’intera trilogia eschilea e a seguito di un’ulcera che nel 1965 lo costrinse a letto per circa due mesi e a una successiva lenta convalescenza, Pasolini maturò l’idea di comporre le sei tragedie teatrali che avviò tra il ’66 e il ’67. Fu in questo periodo che venne scritto il Pilade, una tragedia epico-lirica sul Potere, uno scontro dialettico inconciliabile e insanabile tra Oreste e Pilade, un tempo amici fraterni. Per noi, che abbiamo fatto del teatro di Parola il nostro ostinato metodo di lavoro, Pilade non è quindi soltanto un passaggio logico, dopo il lungo lavoro su Eschilo, ma addirittura un approdo. Come se avessimo navigato in un oceano infinito e indefinito, per anni, alla ricerca delle nostre radici greche e improvvisamente ci trovassimo appesi ad una zattera che ci conduce verso luoghi familiari, brandelli di storia del nostro paese, un ritmo e una cadenza del verso che riconosciamo, una lingua poetica che dà i brividi per la capacità profetica e per la forza dialettica: un teatro di parola fatto di parole pronunciate ad alta voce in una piazza o in una radura, una profonda affinità con il teatro della democrazia ateniese.

Per questo nostro viaggio alla ricerca di Pilade abbiamo deciso, a differenza di quello che facciamo di solito, di non dare una forma compiuta e conclusa al testo e allo spettacolo; abbiamo ritenuto necessario rompere lo schema classico dell’unità di luogo e azione: proprio per la particolarità che ha il teatro di Pasolini, scritto in versi quindi più simile ad un poema che ad un testo teatrale, abbiamo immaginato di assecondare la frammentazione insita nel testo pasoliniano e di individuare segmenti di testo che abbiano una forma e un senso compiuti. Il nostro Pilade non sarà quindi un unico spettacolo ma sarà composto da episodi staccati ambientati in luoghi diversi e città diverse, in diversi momenti dell’anno.

Gli episodi del Pilade sono ambientati nei luoghi del potere, nel Palazzo, nella Piazza, davanti al Parlamento, nel Tribunale ma anche sulle Montagne dove si organizza la Resistenza, nel Campo dei Rivoluzionari, in un Cimitero, in un Bosco. Abbiamo intenzione di andare a cercare questi luoghi, inventando di volta in volta scenografie di senso, e immettervi le parole di Pasolini, la sua tragica analisi. Da questa relazione tra luogo e pensiero, da questa sospensione e da questo sforzo richiesto al pubblico crediamo possa nascere un interessante e prolungato rito culturale: lo spettatore potrà mettere insieme le tessere del mosaico e scoprire nuovi punti di vista e nuove inquadrature, libero di seguirci negli spazi/set e nel tempo/montaggio e di costruirsi una propria personale complessità.

In coerenza con un metodo di lavoro ormai consolidato, abbiamo deciso di costituire per ciascun episodio dei cori recitanti, composti da persone, anche senza nessuna esperienza teatrale, che hanno aderito al progetto seguendo un percorso di incontri e prove durato diversi mesi, un laboratorio di partecipazione e discussione collettiva sulle questioni, poste dal Pilade e in generale da Pasolini, che si è trasformato in una sorta di scuola di democrazia.

scheda_pilade_montagneLe città coinvolte sono e saranno principalmente Bologna e Volterra. A Bologna le prove sono iniziate a febbraio 2015 con un gruppo di oltre quaranta persone e da maggio c’è un progetto per il coinvolgimento dei rifugiati in attesa del permesso di asilo politico ospitati a Villa Aldini a Bologna, già set delle riprese di Salò. A Volterra da novembre 2014 è continuato il lavoro che avevamo iniziato la scorsa estate con un gruppo molto affiatato di circa trenta persone con cui abbiamo creato, in occasione del Festival VolterraTeatro 2014, lo spettacolo di teatro collettivo Logos/La ferita.

La necessità di coinvolgere non professionisti del teatro, persone rubate al loro impegno e lavoro quotidiano che hanno dedicato parte del loro tempo libero, con grande dedizione e generosità, alle prove degli spettacoli, affonda le sue radici in una nostra idea di teatro, coltivata negli anni, fin dai primi spettacoli al Passo della Futa (dal 2003 con I Persiani di Eschilo) e che si avvicina a ciò che forse il teatro poteva essere nella comunità ateniese della polis: nello stesso tempo rito sacro e civile, dibattito ideologico e riflessione collettiva a cui partecipavano, spesso a spese dello Stato, tutti i cittadini.

 

Il teatro è l’arte della relazione, come scrive Hannah Arendt in Vita Activa, funzione essenziale della vita della polis: proprio queste relazioni sentivamo la necessità di tessere, ancora di più e più insistentemente, avendo scelto il testo di un poeta/autore incredibilmente e polemicamente moderno, la cui scrittura è sempre ricca di sollecitazioni e domande che quotidianamente interrogano le nostre scelte etiche e artistiche nella costruzione del progetto e nella regia.

ENRICA SANGIOVANNI E GIANLUCA GUIDOTTI


Io voglio sentire furia con furia,
paura con paura, timidezza con timidezza,
viltà con viltà, violenza con violenza.
Non c’è in me atto o parola che non sia di negazione

PILADE